Assemblea straordinaria dei soci
          Creatività dell’Arte per una Politica InterMediterranea
          Cittadellarte, Biella, 28 
          settembre 2002

          
          Cittadellarte-Fondazione Pistoletto ha avviato tra il 2001 e il 2002 
          un programma di attività denominato Intermediterraneo, 
          con l’obiettivo di stabilire una rete di scambi ideativi e di 
          rapporti operativi atti a sviluppare nuove prospettive culturali, economiche 
          e politiche nella società che vive intorno al bacino mediterraneo, 
          specchio di popoli, etnie, religioni, commerci in una storia che risale 
          agli albori della civiltà mediorientale e occidentale. 
          A questa fase corrisponde un primo sviluppo di Love Difference: il 21 
          giugno 2002 è avvenuta l'istituzione dell’"Associazione 
          per costituire Love Difference"; contestualmente un'installazione 
          "Love Difference" è esposta alla mostra "La Nuova 
          Agorà", ospitata a Citatdellarte dal 22 giugno al 31 ottobre 
          2002.
          Proprio in questo periodo ha avuto luogo un primo grande evento che 
          ha dato effettivamente il via alle attività di Love Difference: 
          il convegno "Creatività dell’Arte per una 
          Politica Intermediterranea", in contemporanea con la prima 
          assemblea straordinaria dei soci del movimento. Il convegno del 28 settembre 
          2002 a Cittadellarte aveva come obiettivo una discussione dedicata ad 
          indagare se e come l’arte (intesa anche nella larga accezione 
          della creatività) e la cultura possano attivare un processo di 
          trasformazione che in qualche modo incida nelle politiche sociali ed 
          economiche dei paesi che si affacciano sul Mediterraneo.
          
          Durante la giornata si sono succeduti gli interventi di: 
          - Chiara Bertola, Curatrice, Fondazione Querini Stampalia, 
          Venezia, (moderatrice del convegno)
          - Manolo Borja, Direttore MACBA, Barcellona, Spagna
          - Giorgio Busetto, Direttore Fondazione Querini Stampalia, 
          Venezia
          - Giuliano Della Pergola, Professore di Sociologia 
          urbana e rurale, Politecnico di Milano
          - Enver Hadziomerspahic, Direttore ARSAEVI, Sarajevo, 
          Bosnia
          - Soumaya Naamane Guessous, Professoressa di sociologia, 
          Università Hassan II, Mohammedia, Marocco
          - Michel Maffesoli, filosofo e Professore di Sociologia, 
          Sorbonne, Parigi, Francia
          - Michelangelo Pistoletto, artista
          - Walter Santagata, Professore di Politica economica 
          ed Economia dei Beni Culturali, Università di Torino
          - Younis Tawfik, scrittore, Iraq
 
          Riportiamo qui il testo di Chiara Bertola sulla nascita di 
          Love Difference
Quando Michelangelo Pistoletto mi ha chiesto di partecipare alla formazione di Love Difference, un movimento creativo e di pensiero per innescare nell’arte un impegno politico, ho subito pensato che stava centrando qualcosa di cui il sistema dell’arte aveva bisogno e che personalmente sentivo mancare nel mio lavoro attuale di curatrice. L’arte come produttrice di oggetti d’arte non è più sufficiente oggi, mentre invece, l’esigenza di uscire fuori da giudizi precostituiti sull’arte e cercare nuovi modi per un fare creativo è diventato imprescindibile. La creatività può occupare spazi che fino ad ora le erano estranei o, non le erano stati mai relazionati. Può essere utilizzata diversamente, e penso ai sistemi di produzione economica, al fare più prossimo della realtà materiale.
Con Love Difference si attiva un movimento di pensiero e di azione destinato a portare, attraverso l’impegno creativo, alla formazione di una rete di collegamento con e tra i diversi paesi dell’area mediterranea. Una ulteriore idea è inoltre questa: discutere in che modo l’arte possa attivare un processo di trasformazione che incida, in qualche modo, nelle politiche sociali ed economiche dei paesi che si affacciano sul Mediterraneo. In altre parole, chiedersi se l’arte possa farsi politica oggi.
Importante è dunque riuscire a far nascere e ad affermare un pensiero nuovo che ispiri la politica e l’economia. Il luogo formativo di questo pensiero è appunto Love Difference, che può diventare un laboratorio creativo di un’arte socialmente impegnata. Certo, un pensiero che ha più dell’utopia che della realtà! Ma come vivere senza queste prospettive e senza il pensiero di tentare di realizzarle? - e più che mai alla luce dei fatti tragici e complessi delle strategie politiche attuali.
Nel documento di presentazione del movimento, si evince che: «i sistemi politici, tradizionalmente intesi, mostrano ormai insufficienti capacità nell’affrontare e risolvere i grandi problemi insiti nella drammatica trasformazione epocale in corso che coinvolge la società mondiale oltre a intaccare lo stato fisico del pianeta. Adesso il mondo occidentale parla di arte e di creatività come estrema risorsa da sfruttare per ristabilire il controllo sulle cose. Ma l’impegno creativo richiede ora l’assunzione di responsabilità ben più importanti di quanto si creda». Mi sembra che questo sia un punto che vada sottolineato perché penso che di fronte alla strada che stanno indicando le pericolose strategie del progresso unite e sfruttate in malo modo da quelle economico-politiche, il mondo stia posizionandosi su valori che rischiano di schiacciare e spazzare via soggetti più deboli, mettendo in secondo piano, nella propria relazione con gli altri, un valore non violento di affermazione. Gli eventi di oggi - tecnologia, sfruttamento delle risorse naturali, eliminazione delle economie deboli, ecc - producono incalcolabili e pericolosi eventi a catena, spingendoli verso la linea oltre cui il pericolo diventa irrimediabile.
Qui, può entrare in gioco l’impegno dell’arte nell’indicare modi differenti di produzione e di sfruttamento delle materie. Se poi ci si sofferma a pensare che le logiche economiche del sistema dell’arte spingono la creatività a perdere di vista questioni di questa portata, allora ancora di più si avverte la necessità di un movimento come Love Difference che cerca di produrre pensieri e, auguriamocelo, azioni, che possano relazionarsi in modo diverso con gli eventi della società del XXI secolo. Questo movimento si è dato il nome di Love Difference ‘amare le differenze’ quasi come slogan programmatico legando l’universalità dell’arte all’idea di transnazionalità politica e mettendo al primo posto, l’accoglienza delle differenze tra persone. Ha scelto poi, come territorio culturale per la propria riflessione e azione, l’area Mediterranea, un’area che da sempre è stata culla di differenze tra etnie, religioni e culture e, per questo, causa di terribili conflitti dove la supremazia di poteri ha sempre cercato di livellare le differenze. Dunque «[...] uniformità e differenza sono i due termini antagonisti che rappresentano la massima tensione conflittuale nell’attuale realtà planetaria [...]».
Ma andiamo avanti. La neonata storia di Love Difference, ha però 
          alle sue spalle un primo convegno di discussione: “Creatività 
          dell’arte per una politica InterMediterranea”, tenutosi 
          a Cittadellarte il 28 settembre del 2002, in cui si è riuscito 
          a sviluppare e arricchire questa prima premessa teorica.
          L’intervento di Giuliano Della Pergola apre il convegno mettendo 
          subito in chiaro che il Mediterraneo, pur essendo un luogo piccolissimo, 
          contiene però il maggior numero di simboli. Sappiamo come il 
          Mediterraneo sia sempre stato per eccellenza il laboratorio delle differenze 
          tra i popoli, etnie, religioni, lingue, arti e commerci. Ed è 
          vero, come ricorda Della Pergola, che il problema sono sempre stati 
          gli altri. Gli altri vissuti sempre come coloro che segnano un limite, 
          il limite dove la nostra cultura finisce perché inizia quella 
          di un altro. Quella caratteristica del Mediterraneo, contenuta anche 
          nel suo nome (medium-terrae), di collegamento tra le terre, non è 
          mai stata molto credibile o realizzata, quanto purtroppo il contrario: 
          un eliminabile conflitto.
          Love Difference entra, quindi, nel merito delle contraddizioni che ci 
          ha consegnato la storia, e quello che si dovrebbe riuscire a compiere, 
          attraverso questo movimento, è un ribaltamento culturale: trasformare 
          il Mediterraneo come un bacino di risorse comuni e non più come 
          luogo di conflitti.
          Reinterpretare i conflitti alla luce di una nuova possibilità 
          di convivenza. Su questa prospettiva e desiderio abbiamo incontrato 
          nel convegno, le parole di Younis Tawfik - irakeno in esilio a Torino 
          dal 1979, professore di letteratura araba – che parla di un mare 
          che dovrebbe essere condiviso e non diviso e, propone una bellissima 
          immagine: quella di un Mediterraneo che nelle proprie acque rifletta 
          le diverse culture tra loro come raggi di sole.
          Ma un’esperienza di convivenza positiva, tra culture ed etnie 
          differenti, c’è stata, ed è quella che per decenni 
          è esistita a Sarajevo. Enver Hadziomerspahic, direttore del progetto 
          Ars Aevi, ricorda ancora che, durante la guerra, ciò che ha tenuto 
          insieme e ha fatto qualcosa è stata proprio l’arte, la 
          creatività, sono stati gli artisti. Ricordo la sua conclusione, 
          precisa ed essenziale nel proporre un vero e proprio ‘cambio binari’, 
          un’inversione di valori nella cultura della società di 
          oggi. Indica una serie di azioni attraverso cui è possibile diminuire 
          le distanze pur mantenendo le differenze: «da sé stesso 
          agli altri»; «dagli oggetti ai soggetti»; «dall’unica 
          verità alla
          diversità»; «dal superfluo al creativo». Insomma 
          un grande passo verso la libertà. L’arte sembra sia destinata 
          sempre di più ad uscire fuori dai limiti dell’essere oggetto 
          d’arte per diventare azione e fare; e sempre più intenzionata 
          a confrontarsi con l’esperienza della vita produttiva e reale.
          L’indispensabilità di opporre alla cultura americana un 
          qualcosa di altrettanto forte è qualcosa di urgente per Giorgio 
          Busetto. Il Mediterraneo può essere la risposta che contrappone 
          una cultura ‘anamericana’ che temperi il capitalismo. Individuare 
          anche in questo modo uno spazio per il ‘brutto’ oltre che 
          per il solo ‘bello’.
          Mi vengono in mente le parole di Michel Leiris a proposito delle sensazioni 
          provate nel dover cambiar casa da bambino «quando ogni abitudine 
          è dirottata... allora, su queste derive, si potrebbe immaginare 
          una filosofia del trasloco, fondamenta di pietre a secco le cui parti 
          costituenti, prese allo stato bruto e lasciate autonome, devono reggere 
          (come in ogni costruzione di idee che si rispetti) esclusivamente in 
          virtù della gravità e non richiedono l’artifizio 
          di alcun cemento per restare unite fra loro.» (cit. in Canevacci, 
          p.34, Genova 1995) Quello che mi ha sempre interessata di queste parole 
          è l’indicazione di spostamento di pensiero, di accoglienza 
          per una situazione diversa e di cambio, pur rimanendo all’interno 
          di uno stesso paesaggio e senza perdere un proprio scenario domestico 
          (di “oggetti” e di “mobili”). In quel lasciare 
          che la cultura dell’altro contamini e arricchisca quella propria, 
          sarebbe già molto imparare a ‘traslocare l’ordine 
          tradizionale dei pensieri e ricollocarli, (pensarli?) in ambiti diversi. 
          Sono convinta che, attraverso questo ‘trasloco di pensiero’, 
          la cultura diversa
          dell’altro possa trovare un suo spazio.
          Nel convegno, sono anche emerse proposte da cui immagino che si potrebbe 
          partire per un lavoro concreto per Love Difference. Qualcosa di estremamente 
          concreto e interessante l’ho sentito nell’intervento di 
          Walter Santagata in cui, a partire dalla considerazione che la cultura 
          deve essere un benessere condiviso soprattutto come contributo economico, 
          bisogna portare, prima di tutto, questi due ambiti - cultura ed economia 
          - a confrontarsi fra loro. Perché questo accada, sarebbe importante 
          modificare e riconsiderare il concetto di cultura per riuscire a ricollegarlo 
          ad un mondo reale. Se consideriamo la cultura non solo una manifestazione
          artistica, ma una parte attiva di un campo di saperi più ampio, 
          allora troviamo un legame tra la creatività e lo sviluppo di 
          una società. Sarebbe importante modificare il concetto di cultura 
          e di arte, pensando che è possibile
          inserirsi nei meccanismi di produzione economica. Santagata parlava 
          di culture che hanno radici fortissime in un dato territorio, con l’accumulazione 
          di saperi che si sono sviluppati in quel luogo: questa cultura materiale, 
          merita di essere valorizzata e recuperata. E per intenderci, cultura 
          è anche il vetro che da secoli si produce a Murano, il vino che 
          dopo anni finalmente i produttori delle Langhe sono riusciti a valorizzare 
          e a far produrre con un marchio; cultura è il sapone che da 3500 
          anni si produce ad Aleppo e che potrebbe valorizzarsi ancora di più. 
          Entrare dentro questa cultura/sapere per un progetto artistico significa 
          che bisogna considerare la cultura non solo come una manifestazione 
          artistica ma come l’immagine globale della vita sociale e spirituale 
          di un popolo. E’ il concetto che qui in Italia chiamiamo ‘cultura 
          materiale’, Questa prospettiva è estremamente interessante 
          se pensiamo che potrebbe diventare un modo per attivare la creatività 
          dentro un sistema naturale di produzione. Individuare un sapere, indicare 
          la vocazione di quel luogo, legarlo alla materia e farlo diventare un 
          fatto economico.
Oggi, Love Difference, è stato invitato a far parte della mostra Utopia Station alla 50° Biennale Internazionale d’Arte di Venezia, una delle massime rappresentazioni di potere del sistema dell’arte. C’è da augurare a questo neonato movimento, che l’occasione della Biennale possa essere veramente un ‘cavallo di Troia’ per far conoscere Love Difference e le idee che lo reggono, attivando scambi e confronti utili ad azioni comuni verso l’accoglienza della differenza, e non solo iscriversi in un elenco di titoli e parole individuate solo perché ‘interessanti e contemporanee’.
di Chiara Bertola, curatrice, Fondazione Querini 
          Stampalia, Venezia
          
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          una sintesi dell'intervento di Giuliano 
          Della Pergola
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          una sintesi dell'intervento di Soumaya Naamane Guessous
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          una sintesi dell'intervento di Walter Santagata